La difficoltà di integrazione nel contesto urbano delle piazze realizzate durante il ventennio fascista in Italia

La difficoltà di integrazione nel contesto urbano delle piazze realizzate durante il ventennio fascista in Italia

The difficulty of integrating the squares of Fascist Architecture in Italy in the context of cities

La difficoltà di integrazione nel contesto urbano delle piazze realizzate durante il ventennio fascista in Italia

Gli ultimi interventi urbanistici in una visione unitaria nazionale in Italia risalgono al ventennio fascista. In essi, oltre alle tipologie edilizie proprie (Case del Fascio, sedi dell’Opera Nazionale Balilla, GIL, …), l’elemento caratterizzante sul piano architettonico-urbanistico è sicuramente rappresentato dalla piazza: come luogo di aggregazione delle masse e di rappresentanza / monumentalizzazione urbana. La piazza del ventennio presenta, in genere, una cura del particolare che si sviluppa a partire dallo studio degli scorci prospettici, secondo attente disposizioni planimetriche sviluppate in base ad assi di simmetria, sino alla tipologia di rivestimenti, pavimentazioni e impianti illuminanti. Tipologia altresì espressa in un ambito pressoché assunto privo di vincoli al contorno e con una libertà di trasformazione del contesto urbano preesistente che oggi risulterebbe impossibile praticare.

Eppure, ancora oggi, nonostante siano passati ormai quasi 90 anni e con la naturale storicizzazione degli ambiti urbani, le piazze realizzate in quel periodo mantengono una condizione di “fuori contesto”. Tale situazione può essere associata al fatto che quegli interventi, in quanto espressione di una particolare ideologia dove la presenza umana era essenzialmente affidata ad attività economiche e politiche di rappresentanza, sono nati escludendo il vero e proprio tessuto sociale della città in cui sono stati collocati ed in modo scollegato dalla comunità che lo ha generato e mantenuto.
Con la caduta del Regime, mutati scopi e funzioni, quelle aree hanno assunto, quindi, l’immagine di una “città metafisica” solo rappresentazione di se stessa. Da qui l’abbandono ed il degrado, lo svuotamento serale con l’occupazione di nuove realtà umane che si riconoscono solo nel significato fisico del luogo e non più in quello storico.

La cultura repubblicana del dopoguerra, non più in grado di identificarsi nei processi culturali di quel tempo, ha facilitato il degrado e la distruzione delle architetture e dei loro simboli, il più delle volte con sostituzioni arbitrarie ed a loro volta fuori contesto, non riconoscendone più il valore storico e trasformando queste piazze in luoghi sì riconoscibili ma permanentemente dissonanti.

La necessità di una contestualizzazione degli interventi e di evitare l’esercizio di una progettazione, magari sicuramente attenta, ma fine a se stessa in quanto priva di un’integrazione effettiva nel tessuto sociale ed economico, restano fondamentali. 

Ing. Paolo Croce- ZED PROGETTI srl

The last urban interventions in Italy in a unitary national vision date back to the twenty years of Fascism. In them, in addition to their own building typologies (“Case del Fascio”, headquarters of the Opera Nazionale Balilla, GIL, …), the characterizing element on the architectural and urban plan is certainly represented by the square: as a place of aggregation of the masses and representation / urban monumentalization. The square of the twentieth century has, in general, an attention to detail that develops from the study of perspective views, according to careful planimetric arrangements developed according to axes of symmetry, up to the type of coatings, flooring and lighting systems. This typology is also expressed in an area almost assumed to be free of constraints and with a freedom of transformation of the existing urban context that today would be impossible to practice.
Yet, even today, despite the fact that almost 90 years have passed with the natural historicization of urban areas, the squares realized in that period maintain a condition of “out of context”. This situation can be associated to the fact that such interventions, as an expression of a particular ideology where human presence was essentially entrusted to economic and political activities of representation, were born excluding the real social fabric of the city in which they were placed and in a way disconnected from the community that generated and maintained it.
With the fall of the regime, changed purposes and functions, those areas have assumed, therefore, the image of a “metaphysical city” only representation of itself. Hence the abandonment and degradation, the evening emptying with the occupation of new human realities that recognize themselves only in the physical meaning of the place and no longer in the historical one.

The republican culture of the post-war period, no longer able to identify with the cultural processes of that time, has facilitated the degradation and destruction of architecture and their symbols, most often with arbitrary replacements and in turn out of context, no longer recognizing the historical value and transforming these squares in places recognizable but permanently dissonant.

The need for a contextualization of the interventions and to avoid the exercise of a design, perhaps certainly careful, but an end in itself as lacking an effective integration in the social and economic fabric, are fundamental.