I meccanismi di collasso a pilastri deboli – travi forti

I meccanismi di collasso a pilastri deboli – travi forti

Collapse mechanisms in a structure based on weak pillars - strong beams systems

I meccanismi di collasso a pilastri deboli – travi forti

I meccanismi di collasso a pilastri deboli – travi forti sono quelli più pericolosi e spesso più frequenti nelle costruzioni in cemento armato realizzate con la normativa antecedente alla attuale, fondata sul principio di gerarchia delle resistenze. In quest’ ambito rientrano:

1.1. il collasso di pilastri per semplice schiacciamento
1.2. il collasso di pilastri per pressoflessione
1.3. il collasso di pilastri per taglio
1.4. il collasso dei nodi trave-pilastro

(1.1) Il collasso per semplice schiacciamento
E’ il collasso di alcune sezioni dei pilastri maggiormente sollecitati a carichi verticali che si verifica per superamento della resistenza a compressione in condizioni statiche. Esso si manifesta inizialmente con la comparsa di lesioni verticali pressoché centrate rispetto alla larghezza del pilastro e, successivamente, con il relativo spanciamento dovuto alla rottura del calcestruzzo.

TIPICHE LESIONI IN PILASTRI CON ECCESSIVA COMPRESSIONE ASSIALE

In questi casi la presenza di una adeguata armatura trasversale svolge un ruolo fondamentale di confinamento, poiché contrasta l’instabilizzazione dell’armatura longitudinale con conseguente espulsione del materiale (prima del copriferro e poi anche della stessa armatura longitudinale) in corrispondenza della sezione schiacciata. Tale espulsione ha come conseguenza una brusca e pericolosa riduzione della sezione reagente del pilastro; situazione che può essere altresì peggiorata da un concomitante stato di ossidazione avanzata dei ferri (che comporta una riduzione della sezione effettiva degli stessi) con conseguente fessurazione da rigonfiamento del calcestruzzo.
Lo schiacciamento di un pilastro può avere gravi ripercussioni anche sul telaio d’appartenenza, a partire dalle travi immediatamente superiori che si trovano così a dover svolgere il gravoso compito di trasferire lo sforzo normale precedentemente portato dal pilastro collassato a quelli adiacenti. Tali sollecitazioni aggiuntive da ridistribuzione degli sforzi possono, in fatti, condurre alla progressiva instabilizzazione della struttura.

(1.2) Il collasso a pressoflessione
E’ dovuto ad eventi sismici e causato da sollecitazioni cicliche di momento flettente nelle zone corrispondenti alla testa e al piede del pilastro (zone critiche) in luogo di carenza o di eccessivo passo delle staffe.


La resistenza a flessione varia infatti notevolmente al variare dello sforzo assiale. La presenza del carico assiale genera momenti del secondo ordine che, in dipendenza della snellezza del pilastro, si sommano al momento flettente. Questo effetto è tanto più importante quanto maggiore è il carico assiale, di conseguenza bisogna evitare richieste di duttilità concentrata nei pilastri (meccanismi a pilastri deboli), per ridurre il rischio di collasso dovuto ad elevati momenti del secondo ordine che può condurre al crollo per instabilità laterale. La presenza di momenti ribaltanti su una struttura soggetta ad azioni cicliche orizzontali genera carichi assiali nei pilastri, di compressione da una parte, di trazione dall’altra.

TIPICHE LESIONI IN PILASTRI PER AZIONE DI PRESSOFLESSIONE

L’entità di queste forze è particolarmente grande negli edifici snelli e nei pilastri esterni piuttosto che in quelli interni. Per i pilastri più esterni queste forze non devono essere trascurate poiché possono ridurre drasticamente la compressione o addirittura, in combinazione con la componente verticale del sisma, indurre forze di trazione.

(1.3) Il collasso di pilastri a taglio
Se la snellezza dell’elemento strutturale è invece piuttosto ridotta, la crisi in caso di sisma è governata dal comportamento a taglio, che, essendo di per sé caratterizzato da duttilità molto bassa e da risposta ciclica scarsa, è un tipo di crisi fragile e quindi particolarmente pericolosa.
Quanto detto risulta valido non soltanto per i pilastri, ma anche per le travi e per gli elementi tozzi in genere.

Il collasso a taglio dei pilastri è un meccanismo comune, perché frequentemente, per esigenze logistiche e/o architettoniche, si realizzano pilastri tozzi (per esempio tetti, scale, ecc.).

Tale rottura a taglio si manifesta con le classiche lesioni ad X.

(1.4) Il collasso dei nodi trave-pilastro
I nodi trave-pilastro sono zone delle strutture intelaiate in c.a. molto critiche specialmente se non idoneamente e correttamente armate, aspetto molto ricorrente negli edifici esistenti anteriori alla metà degli anni ’70, realizzati in assenza di criteri antisismici e anche per gli edifici di epoca successiva realizzati con norme antisismiche oggi superate, ferme restando le carenze esecutive e le caratteristiche meccaniche del calcestruzzo attuali.
I danni si manifestano per effetto delle azioni sismiche, poiché il nodo risulta soggetto ad elevati sforzi di taglio, verticali e orizzontali, anche maggiori di quelli che si sviluppano alle estremità degli elementi strutturali che vi concorrono. Le carenze progettuali ed esecutive sono caratterizzate da rotture per taglio di tipo fragile, essendo il nodo un elemento tozzo.
Nell’ambito di telai in c.a. con comportamento strutturale cosiddetto a travi forti-pilastri deboli, il collasso può anche riguardare i nodi trave-colonna, che, come insegna la teoria della gerarchia delle resistenze, sono i punti in cui mai dovrebbe avvenire la formazione delle cerniere plastiche per non incorrere in pericolosissimi e inaspettati meccanismi di piano che possano minare l’equilibrio dell’intera struttura
Tuttavia, la frequente carenza o addirittura assenza di staffe può condurre, in nodi non interamente confinati quali quelli esterni emergenti sui fronti di edifici (non confinati su un lato) o, peggio, in nodi d’angolo (non confinati su due lati), a bruschi collassi per superamento della resistenza a taglio oppure a schiacciamento per pressoflessione in seguito ad instabilità dell’armatura longitudinale, col verificarsi quindi delle stesse problematiche già analizzate nel caso dei pilastri.
Mentre infatti i nodi interni, per naturale conformazione geometrica, risentono di un positivo contributo al confinamento esercitato dalle travi convergenti nel nodo presenti su tutte le quattro facce del corrispondente pilastro, nei nodi esterni, o peggio, in quelli d’angolo, questo contributo è praticamente trascurabile in quanto le travi convergenti, essendo solo tre o due, lasciano alcuni pannelli di nodo liberi. In questi casi l’azione di confinamento a pressoflessione è esercitata, quando sufficiente, dalla sola armatura trasversale.

TIPICHE LESIONI IN ZONA NODO TRAVE-PILASTRO

(fonti “Manuale dei rinforzo strutturale ” – Lombardo – Chiofalo – Dario Flaccovio Editore)

Ing. Paolo Croce  – ZED PROGETTI srl