Il riuso delle aree industriali dismesse

Il riuso delle aree industriali dismesse

Re-use of brownfield sites

Il riuso delle aree industriali dismesse

L’interrogativo sul destino delle aree industriali, dai depositi portuali dei water­ front di San Francisco e Baltimora fino a quelli di Montréal passando per il baci­no della Ruhr, anima il dibattito internazionale dalla fine anni settanta. In Italia, e in particolare in Lombardia, le prime indagini risalgono invece all’inizio del decennio seguente quando volge al termine il processo di ristrutturazione del sistema industriale e il fenomeno della dismissione assume rilevanza quantitativa. Il vuoto funzionale s’impone come problema urbano da provare a «misurare», al di fuori di una mera logica di valorizzazione fondiaria adottando tre tipologie di intervento: il rinnovo, la rivitalizzazione, il recupero. Solo però a partire dalla metà degli anni ‘80, il patrimonio industriale viene inoltre riconosciuto come tale, ossia le testimonianze delle attività produttive assumono una valenza culturale che vale la pena conservare e promuovere sino a giungere anche a vere e proprie forme di “turismo industriale”. Le aree industriali dismesse inoltre sono in genere già servite dalle principali opere di urbanizzazione e sono spesso prossime di impianti ferroviari o di tratte importanti della rete stradale se non addirittura, inglobate nelle zone centrali dei nuclei urbani, pertanto la restituzione di queste aree alla città può costituire un’occasione importante per il ridisegno del tessuto urbano locale.

Il riuso delle aree industriali dismesse è emerso anche nei documenti programmatori dell’Unione Europea come principale risorsa per realizzare politiche di densificazione urbana. In particolare il CEc Green Paper indica chia­ramente come modello di sviluppo urbano sostenibile per le città europee i cen­tri storici densamente costruiti e abitati, visti come luoghi ideali in cui vivere e lavorare. In tal senso si delineano diverse linee di azione, tra cui alcune tese a evitare la rigida separazione delle diverse attività urbane, a recuperare quando possibile il patrimonio edilizio esistente concentrando la nuova edificazione su aree abbandonate interne e salvaguardando in tal modo le aree libere naturali, fondamentali per la capacità locale di trattare il carico inquinante mantenendo invariata la qualità ambientale. In diversi paesi dell’Unione in cui la sensibilità ambientalista è particolarmente accentuata, tali direttive comunitarie si sono già tradotte in azioni di limitazione della diffusione urbana. In particolare nel Regno Unito, dove da più di cinquant’anni si sono sperimentate politiche di conteni­mento urbano, tale opzione è formulata dal libro bianco Towards an Urban Renaissance, ove il governo enuncia ufficialmente l’ambizioso obiettivo di localizzare, entro il 2020, il 60% delle nuove abitazioni previste (in totale circa 3,8 milioni di case) all’interno di aree industriali dismesse.

Ben diversa risulta la situazione in Italia per i circa 100 milioni di metri quadrati di aree industriali dismesse presenti sul nostro territorio: in assenza di indirizzi governativi, il fenomeno del loro recupero risulta legato a logiche politico-eco­nomiche localistiche e alla condizione di elevata criticità delle aree inquinate. Allo stato attuale si evidenzia che le azioni di recupe­ro sembrano caratterizzate, al Nord, dall’appetibilità economica delle aree dis­messe e dalla presenza di una classe imprenditoriale preparata a sostenere costi e rischi dell’operazione; al Sud, dove queste condizioni sono più difficili da riscontrare, dalla capacità delle singole Amministrazioni locali di favorire le indispensabili condizioni di collaborazione istituzionali e di reperire i necessari finanziamenti realizzando strutture maggiormente orientate alla funzione pubblica (poli universitari, strutture museali, …) oppure incubatori di impresa, business center e coworking.

Il valore intrinseco prodotto dal recupero di territorio già urbanizzato consiste, in primo luogo, nel contenimento delle esternalità negative prodotte dai processi di diffusione urbana mantenendo il concetto di “città compatta”.  Tale limitazione all’espansione porta benefici su vario livello. Il primo è sicuramente la riduzione degli inquinamenti dovuti al traffico privato: il trasporto mediante veicoli a combustione interna è, come noto, responsabile del consumo di energia non rinnovabile e della produzione di anidride carboni­ca, fattore alterante del clima, e di altri componenti quali le micro e nanopolveri che incidono fortemente sulla qualità di vita delle comunità locali. Le aree industriali dismesse, per la loro localizzazione prossima ai centri storici e alle reti infrastrutturali, costituiscono altresì un’occasione ideale per promuovere fun­zioni insediative in corrispondenza di trasporti pubblici, con significativa capaci­tà potenziale di attrarre attività e di realizzare densità fondiarie elevate.
Una seconda condizione favorevole per diminuire gli spazi di percorrenza, e quindi i consumi e la dipendenza dall’auto, è data dalla possibilità di aumentare la permeabilità e l’integrazione viaria con il tessuto urbano esistente. La caduta dei recinti, costituiti dalle mura che isolavano le fabbriche dal contesto limitrofo, costituisce senz’altro un elemento comune ed importante da valutare.
Per le loro dimensioni, per la partecipazione pubblica alle operazioni e per il valore simbolico e rigenerativo delle loro riconversioni, da luogo inquinante a potenziale modello ecocompatibile, le aree dismesse costituiscono quindi un’occasione straordinaria per sperimentare forme insediative e modi di costruire mag­giormente sostenibili. 

Una riduzione dell’impatto ambientale del settore edilizio può essere inoltre attraverso il recupero degli edifici esistenti, poiché alla fase di costruzione ex novo viene attribuito un consumo energetico pari a circa il 20% dell’intero ciclo di vita di un edificio. E’ però pur vero che la procedura di demolizione/ricostruzione risulta essere frequentemente la più adottata. Ciò è spiegabile con il costo più elevato che il recupero dei volu­mi industriali comporta, specie se si tratta di strutture fortemente degradate i cui costi sono difficili da stimare preventivamente.

Nell’attività di recupero è possibile inoltre inserire gli elementi connessi all’attuale cambiamento culturale nell’approccio al tema delle aree verdi: da spazi vuoti a standard urbanistici o da semplici spazi pubblici ricreativi a valore ambientale, percepito dall’opinione pubblica come fattore fondamentale per migliorare le condizioni di vivibilità urbana. Oltre che come polmoni verdi capaci di assorbire parte degli inquinanti e di ridurre l’effetto «isola termica» delle città, gli spazi verdi vengono valutati e valorizzati per la loro potenzialità di spazi di raccolta e di drenaggio delle acque meteoriche e per benefici a livello microclimatico che sono in grado di produrre (raffrescamento del microclima nei mesi estivi, riduzione dell’inquinamento acustico e atmosferi­o).

L’intensificazione dell’uso dei vuoti urbani, oltre che favorire la realizzazione di morfologie urbane più ergonomiche e più sostenibili da un punto di vista ambientale, è anche da considerare come occasione per incre­mentare la vitalità e la varietà della vita urbana e, soprattutto, per promuovere processi di riqualificazione sociale. La quasi totalità degli interventi attualmente sviluppati in Italia si propone come nuova polarità urbana. Nella maggioranza dei casi si è effettuata la realizzazione di nuovi quartieri a funzioni miste, in cui alle funzioni resi­denziali si affiancano quelle commerciali e terziarie. L’inserimento di funzioni miste in aree urbane abitate è da considerarsi molto importante, anche per la possibilità di offrire servizi locali a distanze percorribili a piedi. L’accessibilità pedonale ai servizi urbani è infatti una componente fondamentale per la qualità della vita dei soggetti deboli, sfavoriti da un modello di fruizione urbana dipen­dente dall’auto.

Alcuni esempi in Italia:

  • Ex stabilimento Italgas – Torino: demolizione completa tranne un edificio vincolato e trasformazione in un campus universitario con edifici per didattica e servizi insieme a fabbricati a destinazione residenziale. Costo di trasformazione € 134.100.000
  • Ex acciaierie Ferrero – Settimo Torinese (Torino): demolizione completa tranne un corpo di fabbrica ex laminatoio e la palazzina uffici con realizzazione di un insediamento composto da edifici residenziali, una scuola pubblica materna ed un complesso destinato ad attività commerciali, terziarie e artigianali. Costo di trasformazione € 104.000.000
  • Ex stabilimento Italsider – Genova-Campi: demolizione completa tranne due edifici e creazioni di lotti per la localizzazione di attività produttive, commerciali e terziarie. Costo di trasformazione € 61.458.371
  • Ex officine meccaniche Ansaldo – Genova-Sampierdarena: realizzazione di un nuovo quartiere urbano con funzioni residenziali, commerciali e terziarie tramite riconversione di alcuni capannoni industriali in centro commerciale, realizzazione di un palazzetto dello sport, uffici, centro artigianale e quattro costruzioni a torre di cui tre con funzione residenziale. Costo di trasformazione € 420.500.000
  • Ex fabbrica italiana tubi (Fit) – Sestri levante (Genova): demolizione quasi totale delle strutture industriali e la creazione di un grande parco urbano, di un centro sportivo e di un complesso di edifici residenziali con una quota destinata a spazi commerciali e terziari. Costo di trasformazione € 77.727.000
  • Ex raffineria Agip – Rho-Pero (Milano): demolizione totale e realizzazione di un complesso fieristico. Costo di trasformazione € 807.100.000
  • Ex acciaerie Bertoli (Udine): demolizione completa tranne due capannoni ancora in attività e realizzazione di un insediamento per residenze, commercio, terziario e piccola industria. Costo di trasformazione € 150.000.000
  • Ex stabilimento automobilistico Fiat – Firenze Nuvoli: demolizione completa tranne due capannoni ancora in attività e realizzazione di un insediamento per residenze, commercio, terziario e piccola industria. Costo di trasformazione € 621.000.000
  • Ex stabilimento chimico Mira Lanza – Roma: demolizione della parte centrale del complesso e recupero di alcuni capannoni con funzione di teatro e aree espositive e realizzazione di un insediamento per residenze universitarie e di un parco pubblico. Costo di trasformazione € 18.520.000
  • Ex molino De Cecco – Pescara: demolizione completa con realizzazione di un complesso polifunzionale (residenziale convenzionata a regime agevolato ed a regime libero, terziario e commerciale). Costo di trasformazione € 60.000.000
  • Ex stabilimento chimico Federconsorzi – Napoli-Bagnoli: recupero e rifunzionalizzazione di numerosi volumi per la realizzazione di un centro di promozione della conoscenza, della cultura, della tecnica e dell’impresa denominato Città della scienza. Costo di trasformazione € 55.000.000
  • Ex distilleria– Barletta (Bari): conservazione e trasformazione degli edifici esistenti per la realizzazione di un nuovo polo urbano per attività culturali, commerciali e di servizio, con una quota residenziale. Costo di trasformazione € 29.000.000

Fonti:
https://www.scienzainrete.it/
http://www.turismoaccessibile.eu
Il riuso delle aree industriali dismesse in Italia – Bondonio, Callegari, Franco, Gibello – ED. Alinea

 Ing. Paolo Croce – ZED PROGETTI srl

The question on the industrial areas, from the deposits of San Francisco and Baltimore water fronts to Montréal and the Ruhr basin, animates the international debate since the late seventies. In Italy, and particularly in Lombardy, the first surveys date back to the beginning of the following decade, when the process of restructuring the industrial system came to an end and the phenomenon of divestiture took on quantitative importance. The functional void imposed itself as an urban problem to be tried to “measure”, outside of a mere logic of land enhancement by adopting three types of intervention: renewal, revitalization, recovery. Only since the mid-1980s, however, has industrial heritage been recognised as such, i.e. the evidence of productive activities takes on a cultural value that is worth preserving and promoting. Moreover, the disused industrial areas are generally already served by the main urbanization works and are often close to railway facilities or important sections of the road network, if not even incorporated in the central areas of urban centers, so the return of these areas to the city can be an important opportunity for the redesign of the local urban fabric.

The reuse of disused industrial areas has also emerged in the programming documents of the European Union as the main resource for implementing urban densification policies. In particular, the CEc Green Paper clearly indicates as a model of sustainable urban development for European cities the densely built and inhabited historical centres, seen as ideal places in which to live and work. In this sense, different lines of action are outlined, among which some aimed at avoiding the strict separation of different urban activities, at recovering, when possible, the existing building stock by concentrating the new building on abandoned internal areas and thus safeguarding the free natural areas, fundamental for the local capacity to treat the pollutant load while maintaining the same environmental quality.

In a number of EU countries where environmental awareness is particularly high, these Community directives have already resulted in action to limit urban sprawl. In the United Kingdom, in particular, where urban containment policies have been tried out for more than 50 years, this option is formulated in the White Paper Towards an Urban Renaissance, where the government officially announces the ambitious objective of locating 60% of the planned new housing – a total of around 3.8 million houses – within brownfield sites by 2020

The situation in Italy is quite different for the approximately 100 million square metres of disused industrial areas in our territory: in the absence of government guidelines, the phenomenon of their recovery is linked to local political and economic logic and to the highly critical condition of polluted areas. In the South, where these conditions are more difficult to find, by the capacity of the single local Administrations to favour the indispensable conditions of institutional collaboration and to find the necessary financing, creating structures more oriented to the public function (university poles, museum structures, …) or the incubators of enterprises, business centres and coworking.
The intrinsic value produced by the recovery of already urbanized territory consists, first of all, in the containment of the negative externalities produced by the processes of urban diffusion, maintaining the concept of “compact city”. This limitation to expansion brings benefits at various levels. The first is certainly the reduction of pollution due to private traffic: transport by internal combustion vehicles is, as is well known, responsible for the consumption of non-renewable energy and the production of carbon dioxide, a factor that alters the climate, and other components such as micro and nanopowders that strongly affect the quality of life of local communities. The disused industrial areas, because of their location close to historical centres and infrastructure networks, are also an ideal opportunity to promote settlement functions in correspondence with public transport, with significant potential capacity to attract activities and to achieve high land densities.
A second favourable condition for reducing travel distances, and therefore consumption and dependence on cars, is the possibility of increasing permeability and road integration with the existing urban fabric. The fall of the fences, consisting of the walls that isolated the factories from the surrounding context, is undoubtedly a common and important element to be evaluated.
Because of their size, public participation in operations and the symbolic and regenerative value of their reconversions, from a polluting place to a potential eco-compatible model, disused areas are therefore an extraordinary opportunity to experiment with more sustainable forms of settlement and ways of building.
A reduction in the environmental impact of the building sector can also be achieved through the renovation of existing buildings, since the new construction phase is attributed an energy consumption of about 20% of the entire life cycle of a building. However, it is true that the demolition/reconstruction procedure is frequently the most adopted. This can be explained by the higher cost that the recovery of industrial volumes entails, especially if they are heavily degraded structures whose costs are difficult to estimate in advance.
In the restoration activity it is also possible to include the elements connected to the current cultural change in the approach to the theme of green areas: from empty spaces to urban standards or from simple public recreational spaces with environmental value, perceived by public opinion as a fundamental factor to improve the conditions of urban livability. In addition to being green lungs capable of absorbing part of the pollutants and reducing the “thermal island” effect of the cities, green spaces are evaluated and valued for their potential as spaces for collecting and draining rainwater and for the benefits they are able to produce in terms of microclimate (cooling of the microclimate in the summer months, reduction of noise and air pollution).
The intensification of the use of urban voids, as well as encouraging the creation of urban morphologies that are more ergonomic and more sustainable from an environmental point of view, should also be considered as an opportunity to increase the vitality and variety of urban life and, above all, to promote social regeneration processes. Almost all the interventions currently developed in Italy are proposed as a new urban polarity. In the majority of cases, new mixed-use neighbourhoods have been created, in which residential functions are flanked by commercial and tertiary functions. The inclusion of mixed functions in inhabited urban areas is to be considered very important, also because of the possibility of offering local services within walking distance. Pedestrian accessibility to urban services is in fact a fundamental component for the quality of life of the weak, disadvantaged by a model of urban use dependent on the car.

Examples in Italy:

Former Italgas plant – Turin: complete demolition except for a bound building and transformation into a university campus with buildings for education and services together with buildings for residential use. Cost of transformation € 134,100,000
Former Ferrero – Settimo Torinese steelworks (Turin): complete demolition except for a former rolling mill and office building with the construction of a settlement consisting of residential buildings, a public nursery school and a complex for commercial, tertiary and craft activities. Cost of transformation € 104,000,000
Former Italsider plant – Genoa-Campi: complete demolition except for two buildings and creation of lots for the location of production, commercial and tertiary activities. Cost of transformation € 61,458,371
Former mechanical workshops Ansaldo – Genoa-Sampierdarena: construction of a new urban district with residential, commercial and tertiary functions through the conversion of some industrial sheds into a shopping center, construction of a sports hall, offices, craft center and four tower buildings, three of which are residential. Cost of transformation € 420,500,000
Former Italian tube factory (Fit) – Sestri Levante (Genoa): almost total demolition of industrial structures and the creation of a large urban park, a sports centre and a complex of residential buildings with a share destined for commercial and tertiary spaces. Cost of transformation € 77,727,000
Former Agip refinery – Rho-Pero (Milan): total demolition and construction of a trade fair complex. Cost of transformation € 807,100,000
Former Bertoli steelworks (Udine): complete demolition except for two sheds still in operation and construction of a settlement for residential, commercial, tertiary and small industry. Cost of transformation € 150,000,000
Former Fiat car plant – Florence Nuvoli: complete demolition except for two sheds still in operation and construction of a settlement for residential, commercial, commercial and small industry. Cost of transformation € 621,000,000
Former Mira Lanza chemical plant – Rome: demolition of the central part of the complex and recovery of some sheds used as a theater and exhibition areas and construction of a settlement for university residences and a public park. Cost of transformation € 18,520,000
Former De Cecco mill – Pescara: complete demolition with the construction of a multi-purpose complex (residential agreement with facilitated and free, tertiary and commercial). Cost of transformation € 60,000,000
Former chemical plant Federconsorzi – Napoli-Bagnoli: recovery and re-functionalisation of numerous volumes for the creation of a centre for the promotion of knowledge, culture, technology and enterprise called the City of Science. Cost of transformation € 55,000,000
Former distillery – Barletta (Bari): conservation and transformation of existing buildings for the construction of a new urban center for cultural, commercial and service activities, with a residential share. Cost of transformation € 29,000,000