La dotazione minima di DPI di 3a categoria per lavori in quota

La dotazione minima di DPI di 3a categoria per lavori in quota

The minimum equipment of 3rd-category PPE for work at height

La dotazione minima di DPI di 3a categoria per lavori in quota

Il rischio connesso alla caduta dall’alto è certamente tra le principali preoccupazioni del legislatore sin dalla stesura dei primi decreti anni ’50. Non altrettanto si può dire per la realtà lavorativa odierna o anche di vita quotidiana e, per vederlo chiaramente, non serve neppure dare uno sguardo alle statistiche degli infortuni, basta osservare ancora banalmente ogni giorno (a ormai 70 anni dal DPR 547/55 e DPR164/56) un qualsiasi cantiere (tranne rari casi) in cui si stia allestendo il montaggio di un ponteggio o si stia operando su una copertura che incontriamo nelle nostre città o, ancora peggio, nei nostri paesi.

I rischi dovuti ad una caduta sono altresì chiari:

  • lesioni da impatto e da  schiacciamento degli organi interni
  • sospensione inerte del corpo che si verifica quando il lavoratore rimane appeso e senza possibilità di muoversi che, a causa dell’imbracatura, può portare anche alla perdita di coscienza e, in mancanza di intervento in tempi brevi, anche alla morte;
  • effetto pendolo dovuto al movimento oscillatorio e incontrollato del lavoratore legato a un punto di ancoraggio che lo porta ad urtare contro il suolo, una parete o un qualsiasi ostacolo

Cosa si intende per lavori in quota?

In termini di riferimento, l’art. 105 del D.Lgs 81/08 elenca tutte le attività che rientrano nei lavori in quota, ossia:

  • lavori di scavo;
  • lavori di montaggio e/o smontaggio di elementi prefabbricati;
  • lavori di demolizione;
  • lavori di messa in sicurezza delle pareti rocciose;
  • attività di deramificazione;
  • attività svolti su coperture, su scale a pioli portatili e su ponteggi;
  • lavori di installazione di impianti e linee elettriche;
  • lavori di trasformazione o rinnovamento.

L’art. 106 del dlgs 81/08 specifica, invece, le attività escluse dalla definizione di lavori in quota:

  • i lavori di prospezione, ricerca e coltivazione delle sostanze minerali;
  • le attività di prospezione, ricerca, coltivazione e stoccaggio degli idrocarburi liquidi e gassosi nel territorio nazionale, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale e nelle altre aree sottomarine comunque soggette ai poteri dello Stato;
  • i lavori svolti in mare.

Ma la definizione generale è dettata dall’art. 107 del D.lgs. 81/08 che indica il lavoro in quota come le attività lavorative che espongono il lavoratore al rischio di caduta da un’altezza > 2 metri rispetto ad un piano stabile; sono comprese anche le attività di scavo che prevedono profondità superiori a 2 metri. La definizione di lavoro in quota non rappresenta necessariamente un’attività svolta in alto, ma qualunque lavoro che prevede la possibilità di caduta da oltre 2 metri (calcolata in genere dall’appoggio dei piedi) è definito come tale.

Come si capisce se il piano è stabile?
Volendo restare sul pratico si può dire che il piano è  stabile se, svenendo, non si cade al di sotto.

La normativa per lavori in quota è rappresentata dal Titolo IV (capo II) del D.lgs. 81/08 che disciplina la valutazione dei rischi e le misure di prevenzione da attuare. In particolare, l’art.111 stabilisce gli obblighi in capo al datore di lavoro, il quale ha il compito di scegliere le attrezzature più idonee per garantire condizioni di lavoro sicure rispettando i seguenti criteri:

  • priorità alle misure di protezione collettiva rispetto a quelle individuali;
  • scelta di attrezzature di lavoro aventi dimensioni confacenti alla natura dei lavori da eseguire.

Il datore di lavoro deve assolvere anche ad altri obblighi quali:

  • scegliere il tipo più idoneo di sistema di accesso ai posti di lavoro temporanei in quota in rapporto alla frequenza di circolazione, al dislivello e alla durata dell’impiego;
  • disporre l’utilizzo di una scala a pioli sul posto di lavoro in quota casi in cui l’uso di altre attrezzature non risulti sicuro;
  • impiegare sistemi di accesso e posizionamento mediante funi e sedili sicurezza quando dalla valutazione di rischio risulta che il lavoro può essere svolto in condizioni di sicurezza per breve durata;
  • individuare le misure che mirano a minimizzare i rischi per i lavoratori prevedendo, laddove sia necessario, l’impiego di dispositivi di protezione contro le cadute;
  • comunicare l’eliminazione temporanea di un dispositivo di protezione collettiva contro le cadute;
  • effettuare lavori temporanei in quota soltanto se le condizioni meteorologiche non mettono in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori;
  • vietare l’assunzione di bevande alcoliche e superalcoliche ai lavoratori.

Nel succitato processo di analisi, il Dispositivo di Protezione Individuale per il lavoratore dovrebbe costituire la parte minimale in quanto assolverebbe solo alla compensazione del rischio residuo che dovrebbe essere, quindi, ridotto al minimo.

In realtà, sempre per restare nel mondo reale, possiamo dire che esso costituisce la base ed è quindi necessario che il lavoratore lo adotti per preservare la sua incolumità.

Fermo restando le dotazioni base (caschetto, scarpe antinfortunistiche, guanti, vestiario lavorativo adatti) , si indica nel seguito un elenco di dotazione minima di DPI che l’operatore in quota dovrebbe avere o fornito dal datore di lavoro oppure, altrimenti, di cui almeno dovrebbe dotarsi da solo (tenuto conto che, purtroppo, spesso, come detto, diventa l’unica sua reale protezione). Si ricorda, per completezza, che trattasi tutti di dispositivi di 3a categoria (ai sensi dell’Allegato I del Lgs. 475/1992), e per gli stessi è obbligatorio l’addestramento del lavoratore ai sensi dell’art. 77 comma 5 del D.Lgs 81/2008. Nonché l’ispezione annuale o in base a quanto stabilito dal produttore (ai sensi UNI EN 365:2005).

Elenco DPI 3a (marca indicata come puro riferimento di tipologia):

Ing. Paolo Croce – ZEDPROGETTI srl

The risk associated with falling from heights has certainly been among the main concerns of legislators since the drafting of the first decrees in the 1950s. The same cannot be said for today’s work reality or even everyday life, and to see this clearly, one does not even need to take a look at accident statistics, it is enough to still trivially observe every day (now 70 years after Presidential Decree 547/55 and Presidential Decree164/56) any construction site (except in rare cases) where a scaffold is being set up or a roof is being worked on that we encounter in our cities or, even worse, in our towns.

Without prejudice to the basic equipment (helmet, safety shoes, gloves, suitable work clothing) , we indicate below a list of minimum PPE equipment that the operator at height should have either provided by the employer or, otherwise, which he should at least equip himself with. For the sake of completeness, it should be noted that these are all 3rd category devices (pursuant to Annex I of Legislative Decree 475/1992), and worker training is mandatory for them pursuant to Art. 77 paragraph 5 of Legislative Decree 81/2008.